Verso un nuovo anno scolastico

primo giorno277di Dante Peduzzi, ispettore scolastico del Grigioni italiano

Insegnamento ed emozioni
Una quindicina d'anni fa acquistai un libro che fu per me una vera rivelazione. Lo prestai ad amici e colleghi e, come capita spesso, non lo rividi più. Decisi allora di comperarne un'altra copia che, ahimè, fece la stessa fine, obbligandomi a riprendere la strada verso la libreria. Queste perdite, seppur antipatiche – il libro è sempre qualcosa di strettamente personale –, non mi rattristarono però più di quel tanto. Infatti, mi resi conto dei profondi benefici che i miei amici e colleghi poterono trarre da questa lettura che consiglio ancora oggi ai genitori, e specialmente ai padri che stanno crescendo adolescenti o giovani adulti: Daniel Goleman, L'intelligenza emotiva (Rizzoli, Milano 1996).

Il testo è basato su concetti fondamentali come quello delle intelligenze multiple di H. Gardner e di R.J. Sternberg. Stimola a prestare assoluta attenzione alle nostre emozioni e a quelle degli altri nonché a manifestarle in modo positivo. Per chi educa, genitori ed insegnanti in primis, è dunque un testo illuminante che aiuta a costruire delle relazioni sociali franche e accurate.

Ma la pressione sulla scuola continua a salire
A volte, durante il mio lavoro, incontro degli insegnanti in difficoltà che si sentono costretti ad operare fra due poli: rispettare strettamente le esigenze formative, cioè il programma didattico con i contenuti scolastici che la scuola deve trasmettere, o puntare sulle esigenze educative che le famiglie delegano sempre maggiormente alla scuola? Gli insegnanti sono costantemente confrontati con questa problematica che è difficile da affrontare perché condizionata moltissimo dalla composizione del gruppo classe e dalle realtà sociali circostanti.

Recentemente, in un articolo che ha prodotto un certo rumore (vedi NZZ am Sonntag, 29.7.2012), il nuovo rettore del Politecnico Federale di Zurigo ha affermato che il livello nelle scuole è calato, che bisogna insistere maggiormente sulle competenze cognitive come la matematica, la fisica, le scienze e l'apprendimento serio delle lingue, lasciando il compito educativo soprattutto alla famiglia. Se vogliamo mantenere il livello di eccellenza nelle nostre Università e Politecnici, considerate come delle migliori al mondo, dovremo aumentare la selezione nell'ambito della maturità liceale, scrive il rettore. Alla precisa domanda del giornalista, se ciò riguardi anche le scuole popolari, la risposta è chiara: certo, bisogna dedicare più attenzione alla formazione e meno all'educazione, anche a livello di scuola dell'obbligo.

È vero che una delle principali risorse economiche della Svizzera risiede nella preparazione di personale altamente specializzato, che, a sua volta, creerà lavoro per migliaia di altre persone. Tuttavia, ci si è accorti che la competitività svizzera non potrà essere mantenuta e rinvigorita senza personale altamente specializzato? L'appello rientra nello schema che conosciamo: quando la società viene confrontata con qualche problematica pressante, quasi immancabilmente, si coinvolge e si responsabilizza la scuola. È una dinamica naturale, visto che la scuola (almeno quella dell'obbligo) comprende tutti i giovani.

L'impegno educativo primario spetta alla famiglia
L'aumento della complessità sociale e della competitività a tutti i livelli obbliga molti genitori a lavorare parecchio per riuscire a mantenere uno standard di vita accettabile. Di conseguenza il tempo dedicato ai figli diminuisce sempre più e quello rimanente è spesso condizionato dalla stanchezza o dall'esigenza di trovare uno spazio per la propria persona. Insomma, abbiamo a che fare con una realtà complicata che ha spinto alcuni genitori a scaricare sulla scuola parte dei compiti educativi di base che toccherebbero invece alla famiglia.

Fino a pochi decenni fa, le competenze educative elementari venivano tramandate da generazione in generazione tramite le esperienze vissute nel cerchio sociale stretto (nonni, genitori, figli, parenti, vicini). L'infanzia di oggi è diversa: questo cerchio sociale primario spesso non esiste più, per cui, paradossalmente, l'impegno dei genitori nell'aiutare i propri figli ad acquisire le competenze educative basilari, è diventato ancora più importante di qualche anno fa. Ma il tempo a disposizione per questo compito si è ridotto drasticamente. È comprensibile, quindi, che un genitore moderno si aspetti uno sforzo educativo maggiorato da parte della scuola. Non dimentichiamo però che gli educatori principali dei figli sono pur sempre i loro genitori. In un'epoca febbrile, indaffarati come siamo a risolvere i problemi quotidiani, la funzione educativa rischia di uscirne penalizzata. Secondo Daniel Goleman, l'autore del libro citato in apertura, un approccio educativo intelligente dei genitori deriva dalla corretta lettura delle emozioni quotidiane. Questo permette di non sprecare tempo in scompigli familiari, in relazioni scadenti con i propri figli, o con figli che sfuggano ad ogni controllo e che manchino di senso di responsabilità, di autodisciplina, e dell'abilità di separare ciò che davvero è nel loro interesse, da valori che invece hanno origine dal consumismo, dalle mode o dalle pressioni dei coetanei o dai media.

L'impegno formativo ed educativo della scuola
Diciamo subito che la scuola non può farsi carico di tutte le esigenze educative dei singoli allievi. La scuola non potrà mai sostituire o rimpiazzare l'importanza educativa della famiglia. Il compito principale della scuola è quello di trasmettere delle competenze come la capacità di utilizzare le conoscenze, le abilità e le capacità personali, sociali e metodiche in situazioni di lavoro, di studio e finalizzate allo sviluppo professionale e personale (Lucio Guasti, Didattica per competenze. Erickson, Trento 2012). Insomma, bisogna trasmettere le conoscenze fondamentali che permettano ai giovani adulti di affrontare la vita con dignità.

Con l'evoluzione della società, anche la scuola si è fatta molto complessa. Per imparare non basta più avere un insegnante che sappia spiegare bene. Per trasmettere veramente delle competenze (dal lat. mettere, porre al di là) ci vuole molto di più: anzitutto molto tempo, poi competenza nella materia di insegnamento, calma, chiarezza, approfondimento, esercizio e fatica. Queste abilità richiedono all'insegnante (ma anche agli allievi) grande sensibilità, più che l'assillo di svolgere un programma didattico.

Dove c'è interazione fra persone occorre anche capacità di lavorare sulle emozioni, specialmente durante il processo di apprendimento, un impegno educativo non da poco. Non è possibile separare completamente l'aspetto educativo da quello formativo. In parole semplici: non è possibile insegnare senza educare e viceversa. Molti bravi insegnanti hanno il coraggio di rompere i ritmi al momento opportuno, di proporre delle lezioni o dei progetti speciali, intelligenti, ben programmati e con finalità educative e formative ben definite. Sanno operare uno sforzo per andare oltre il programma didattico in momenti particolari, per insegnare agli allievi a percepire dei concetti generali e ad analizzare quelli di dettaglio. L'insegnante nella scuola dell'obbligo non può limitarsi a trasmettere delle informazioni tecniche, per importanti che siano. Molti insegnanti propongono lezioni vive, sanno identificare i contenuti apprezzati dagli allievi, stimolano la voglia di apprendere e di coltivare emozioni positive e, in ultima analisi, creano un terreno fertile sul quale continuare a seminare (vi ricordate quel bellissimo film L'attimo fuggente con Robin Williams?).

Questo è il lato educativo che la scuola dell'obbligo deve impegnarsi a curare: l'educazione ad apprendere correttamente, a costruirsi pian piano il proprio percorso di vita, aspetti educativi ben diversi da quelli che si presuppone vengano curati nelle famiglie.

Inoltre, anche la scuola deve convivere con la complessità di oggi, ma deve stare attenta ad evitare ogni semplificazione. Anche la figura professionale dell'insegnante è cambiata rispetto al passato ed è diventata più complessa ed articolata.

La scuola dell'obbligo non può formare solo degli specialisti e delle élites. Deve occuparsi seriamente di tutti i giovani, indipendentemente dalla loro attitudine allo studio e dalle loro condizioni sociali nell'acquisizione delle competenze chiave riconosciute internazionalmente (Key competences for lifelong learning, Decisione del Parlamento Europeo, 18.12.2006):

1. Comunicazione nella madrelingua
2. Comunicazione nelle lingue straniere
3. Competenza matematica e competenze di base nelle scienze e nella tecnologia
4. Competenza digitale
5. Imparare ad apprendere
6. Competenze sociali e civiche
7. Spirito di iniziativa e imprenditorialità
8. Consapevolezza ed espressione culturale

Una delle sfide più importanti della scuola dell'obbligo è proprio questa: cercare il miglior equilibrio possibile tra gli aspetti educativi legati all'apprendimento e quelli formativi imposti dal progresso tecnologico ed economico. Attualmente, in tutta la Svizzera si sta facendo un grande lavoro per pianificare e attualizzare i percorsi formativi in questa direzione (HarmoS, Piano di Studio 21, Leggi scolastiche nei diversi Cantoni, ecc.).

Educazione e formazione non sono comunque monopolio unicamente della scuola: famiglia e scuola, ma anche società sportive e culturali, la comunità intera, tutti siamo chiamati a fare la nostra parte onestamente, senza cedere al tentativo di delegare ad altri le proprie responsabilità.

Per l'inizio dell'anno scolastico auguro agli insegnanti e ai genitori di poter collaborare nel migliore dei modi, affinché sia la formazione che l'educazione dei nostri giovani possano essere molto efficaci. I risultati positivi di un simile impegno costituiscono il miglior investimento per il futuro di tutti noi